L’infanzia, per definizione, è quel periodo della vita che va dalla nascita del bambino alla comparsa dei segnali della pubertà, che introdurranno l’ingresso nell’adolescenza. Rappresenta un periodo molto esteso, sia dal punto di vista strettamente temporale, oggettivo (va da 0 a circa 12 anni), sia da quello dell’esperienza soggettiva del bambino che diventa protagonista di importanti trasformazioni.
L’infanzia, infatti, è una fase del ciclo di vita importante e delicata, sia per i genitori, che hanno il compito di guida e supporto costante del bambino, sia per quest’ultimo che inizia ad orientarsi nel mondo esterno, allontanandosi dalla coppia genitoriale. La figura della madre, soprattutto nei primi mesi di vita, rappresenta il sostegno maggiore, perché grazie alla sintonizzazione affettiva con il figlio, assume una funzione di contenimento e di regolazione che permette al bambino di orientare e capire emozioni e pensieri. La figura del padre, invece, si paleserà gradualmente in forma interiorizzata acquisendo poi nel tempo, la funzione di “figura ponte” che sosterrà man mano il figlio nel contatto con il mondo esterno.
Uno sguardo alla letteratura
In psicologia, Bowlby è uno dei più autorevoli rappresentanti della teoria dell’attaccamento. Facendo ricorso ad un approccio etologico, Bowlby riconduce il trauma a caratteristiche imputabili alla relazione madre-bambino. Il bambino ha una motivazione primaria innata a stabilire uno stretto contatto con la madre e lo fa tramite schemi pre-programmati, i comportamenti di attaccamento (piangere, sorridere, aggrapparsi, ecc.), che aumentano, quindi, la probabilità del piccolo di sopravvivere. Allo stesso modo è pre-programmata la capacità della madre di prendersi cura del figlio e di rispondere alle sue sollecitazioni. A tal proposito, interessante è la comparazione con le altre specie animali e il famoso esperimento sui macachi, in cui le piccole scimmie allevate con surrogati di madre preferivano quelle ricoperte di panno morbido, ma senza biberon, a quelle fatte di filo di ferro, ma con un biberon pieno di latte.
Secondo Bowlby, il legame di attaccamento vero e proprio con una particolare figura di riferimento, normalmente la madre, si stabilisce tra il sesto-ottavo mese e i due anni di vita, periodo in cui la madre viene utilizzata come base sicura per poter esplorare l’ambiente circostante, compaiono, infatti, l’ansia da separazione e la paura dell’estraneo.
Non è un caso che a quest’età compare quello che nelle altre specie animali si chiama imprinting filiale, cioè quella maggiore prontezza del piccolo ad apprendere, fissare e conservare in memoria, in maniera più o meno irreversibile, le caratteristiche della figura allevante. Dai 18 mesi in poi tra il piccolo e la madre si forma un rapporto bilaterale basato sul conforto e la vicinanza. La tensione della separazione diminuisce grazie all’accrescimento delle capacità linguistiche e mnestiche ed emerge la capacità di rappresentarsi mentalmente gli eventi; il piccolo si forma i MOI, i modelli operativi interni dell’attaccamento, cioè delle rappresentazioni mentali di se stesso e dell’altro che riflettono la storia della sua relazione con la madre. Saranno queste rappresentazioni interne a guidare il bambino nell’interpretazione delle informazioni del mondo esterno e nel suo sviluppo in molti ambiti, in quanto queste immagini di sé e degli altri, la presenza e la guida anche della figura paterna, lo porteranno a cercare situazioni che corrispondono alle sue aspettative affettive.
Le fasi del periodo infantile
Possiamo individuare diverse fasi dell’età infantile: la prima infanzia, che va dalla nascita all’uso della parola (0-3 anni), la seconda infanzia, o periodo dei giochi, durante il quale il bambino passa dal gioco di singolo, in cui sperimenta da solo le proprie capacità, al gioco di gruppo, che rappresenta una prima fase di socializzazione (dal 3° al 6° anno) e la terza infanzia, o età scolare, detta anche periodo di latenza, durante il quale il bambino sviluppa le proprie capacità cognitive (dal 7° al 10°-12° anno).
Ogni fase dello sviluppo è caratterizzata da diverse problematiche:
- ansia da separazione
- difficoltà di relazione e di inserimento nel gruppo dei pari
- difficoltà nel rispettare le regole
- disturbi comportamentali
- disturbi dell’alimentazione
- disturbi dell’apprendimento
- iperattività
- disturbo oppositivo-provocatorio
- disturbo della condotta
L’ingresso a scuola,ad esempio, rappresenta un’esperienza psicosociale importante per il bambino: sono richieste competenze motorie, percettive, sociali, emotive e cognitive per poter stare a contatto con figure autoritarie diverse dai genitori.
Spesso i bambini hanno difficoltà a verbalizzare il loro disagio e ad esprimere i propri bisogni, e, a volte, i genitori e gli insegnanti non sanno come affrontare tali problemi.
È importante perciò rivolgersi ad un professionista esperto dell’età evolutiva, un ‘intervento psicologico risulta utile, infatti, non solo in casi di disturbi conclamati ma anche a scopo preventivo ,quando il bambino inizia a inviare i primi segnali di un disagio. E’ importante, coinvolgere nell’intervento l’intero ecosistema del bambino: oltre quello familiare anche quello scolastico e sociale in cui è inserito.
LO STUDIO BRUNO E FERRARIO, GRAZIE AL PROGETTO LILA, ALL’INTERNO DEL CENTRO DI CONSULTAZIONE PSICOLOGICA PER LA FAMIGLIA fornirà supporto su differenti ambiti della Psicologia dell’età evolutiva, tra cui:
- Disturbi d’ansia e attacchi di panico
- Disturbi dell’umore e depressione
- Disturbi psicosomatici
- Disturbi del sonno
- Disturbi del comportamento alimentare
- Disturbi dell’apprendimento e psicologia scolastica
- Problematiche di coppia e famiglia
- Supporto psicologico per le coppie in separazione in riferimento alla gestione
della genitorialità - Mediazione familiare
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